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22/01/2021

Categoria: Social Networks

Lead Magnet: cosa sono e come usarli per attirare i contatti dei tuoi clienti

mercoledì, 14 Ottobre 2020 da studio24

Uno dei nodi focali di ogni attività di web marketing riguarda la creazione dell’audience, cioè di una platea di soggetti potenzialmente interessati ai prodotti o ai servizi offerti. Le campagne social, l’email marketing, la sezione blog, i pop up sul sito, sono tutte strategie finalizzate in tutto o in parte al raggiungimento di questo obiettivo.

Oggi parleremo di una di queste strategie: la lead generation, ossia la creazione di una catena di contatti. E di tutti gli strumenti utili per generare questa catena, a cominciare dai lead magnet, vere e proprie calamite per clienti.

Cosa sono i lead magnet (spoiler: non si attaccano al frigo)

Lead magnet è il termine tecnico che indica qualsiasi strumento finalizzato ad attirare l’attenzione degli utenti e convincerli a lasciare il loro contatti. Di solito si tratta di un elemento che attira l’attenzione tramite grafica, copy e immagini, unito a un elemento dal contenuto persuasivo. Un buon esempio sono i pop up con la promessa della spedizione gratuita per il primo ordine per chi si iscriverà al sito.

Lo scopo, ovviamente, è quello di aumentare il numero di utenti iscritti, e di conseguenza il numero di conversioni, cioè trasformare gli utenti in clienti mediante l’invio di proposte mirate. E chiaramente questo sarà tanto più facile quanto più la comunicazione con l’utente, a cominciare già dal lead magnet, sarà targhettizzata.

Creare un lead magnet efficace analizzando le abitudini degli utenti

Come spesso accade nel web marketing, l’analytics è fondamentale perché il lead magnet sia davvero efficace in termini di persuasività. Utile, quindi, un approfondimento sulle keyword che veicolano gli utenti sul sito per capire cosa cercano le persone, ma anche sfruttare la community sui social per intercettare gusti e tendenze. Il tutto tenendo sempre d’occhio la concorrenza.

Importante anche è non fossilizzarsi su un singolo strumento. Al contrario, a seconda delle esigenze possono anche essere utilizzati più lead magnet contemporaneamente, scegliendo tra prove gratuite, promozioni, ebook, webinar, white paper o moduli. Né è necessario utilizzare il lead magnet in un momento predefinito: alcuni sono più performanti all’inizio del funnel, altri più in prossimità del carrello.

Usare i trucchi del mestiere per attirare l’attenzione

Abbiamo visto cosa e quando offrire una ricompensa all’utente in cambio del suo contatto, ma come attirare la sua attenzione sull’offerta? Anche in questo caso, le opzioni sono molteplici. Grandi risultati si sono registrati con l’utilizzo dei banner pop up, che grazie a un formato poco invasivo, e a grafiche e copy accattivanti, riescono a veicolare il messaggio senza infastidire l’utente.

Ci sono poi le classiche squeeze page, ossia pagine dedicate appositamente all’acquisizione dei contatti. Una squeeze page ha il vantaggio di un maggiore spazio in cui inserire più immagini interessanti, ma soprattutto spiegare bene all’utente perché è un vantaggio lasciare il suo contatto email. La squeeze page inoltre può essere utilizzata in contemporanea con i pop up, o anche all’interno di essi (utili in questo senso gli exit pop up), a conferma della natura estremamente versatile di questa strategia.

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Cosa puoi chiedere e cosa no, al tuo social media manager

lunedì, 13 Luglio 2020 da studio24

“Buongiorno, vorrei raddoppiare i follower in un mese, e vedere una crescita esponenziale delle vendite su base annua. Primo mese di prova, poi se va bene pensiamo a un contratto più stabile”

“Fantastico! E il caffè a letto a che ora vuole che glielo porti?”

Questa conversazione è avvenuta almeno una volta nella vita di ogni social media manager (a onor del vero: metà della conversazione è stata solo pensata). Perché le vie del Signore sono infinite, ma anche le aspettative dei clienti non scherzano.

Saper distinguere tra legittimo, realistico e utopia

A volerla dir tutta, per il social media manager spesso più che di utopia si tratta di distopia vera e propria. Non certo a causa della malafede del cliente: il fatto stesso che si stia rivolgendo a un professionista ci dice che non mastica molto la materia. Logico, quindi, che possa avere delle aspettative irrealizzabili. Poi ci sono i clienti che pretendono l’impossibile perché mossi da un secondo (losco) fine, ma questa è un’altra storia.

Limitando la nostra analisi al cliente in buona fede, è più che legittimo che si aspetti un ritorno dal suo investimento. E anche che non abbia gli strumenti per valutare la fattibilità o meno delle sue aspettative. La maggior parte delle richieste non sono dissimili da quella riportata nell’introduzione, molto focalizzate su un risultato materiale notevole e immediato, molto poco su temi come strategia, reputazione, fiducia nel brand. In poche parole, inconsapevolmente, stanno ponendo le basi per ottenere un risultato diametralmente opposto a quello sperato.

Il vizietto di pretendere molto e concedere poco

C’è un solo modo per garantire al cliente di guadagnare un certo numero di follower entro un certo tempo e mantenere la promessa: comprarli. Purtroppo, ad oggi la ricerca non è ancora riuscita a scoprire il modo di trasformare i follower finti in conversioni vere, per cui per il momento bisogna accantonare questa soluzione.

Tornando alla realtà, il social media manager è consapevole del numero di varianti che entrano in gioco in un’attività di promozione, non ultima un pubblico estremamente volubile, e del fatto che crescere in modo organico richiede una strategia di lungo periodo. Molte di queste variabili, poi, dipendono dal cliente stesso, come il prezzo dei prodotti, la notorietà del brand e le risorse investite, il che rende ancora più illogiche certe richieste.

La serietà porta meno contratti, ma paga

E quindi? Arriviamo al punto: cosa fare davanti al cliente che pretende l’impossibile? A nostro modestissimo avviso, essere completamente onesti è il miglior modo di rispettare sia il proprio lavoro che il cliente stesso. Sicuramente alcuni andranno via delusi, ma riflettiamo: quelli sono clienti con cui si desidera lavorare? No. Nessuno spera di incontrare sul proprio cammino qualcuno che pretende la luna, ma è disposto a investire meno del minimo sindacale.

È un atteggiamento prima di tutto irrispettoso, che nasconde la sempreverde considerazione “questo sa farlo anche mio figlio che fa la quinta elementare”. Si tratta di clienti che non hanno le idee chiare e non masticano la materia, ma pretendono comunque di avere un’opinione, guarda caso un’opinione estremamente vantaggiosa per loro. La cosa giusta da fare, in questo caso, è consigliargli di rivolgersi al figlio che fa la quinta elementare, perché non sono evidentemente pronti a rapportarsi con un professionista.

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Sito web in WordPress incasinato?

mercoledì, 01 Luglio 2020 da studio24

Hai un sito web aziendale fatto sulla piattaforma WordPress ma non lo hai mai aggiornato, oppure è pieno di plugin e media obsoleti? SERVE UN LAVAGGIO!

Oggi vediamo insieme come ottimizzarlo a livello generale.

Alcuni piccolo steps suggeriti:

👉 Test con GTMetrix

Testa il tuo sito web con la risorsa online gratuita per poter valutare le prestazioni e le ottimizzazioni necessarie per farlo volare.

👉 Backup del sito con Updraft

Un plugin che reputo fondamentale per avere i dati al sicuro sia in caso di disaster recovery che in caso di migrazione del sito web.

👉 Pulizia generale

Togli il superfluo o l’obsoleto: se hai media e articoli o pagine non pubblicate o indicizzate puoi cancellarle per alleggerire il database.

👉 Cancellazione plugin non necessari

👉 Compressione delle immagini

Comprimi le immagini per salvare spazio e alleggerire le chiamte del front-end ed essere più snello.

👉 Minimizzare CSS – Javascript _HTML

👉 Gestire la Cache

Un buon plugin di cache aiuta la navigabilità del sito e la fruizione dei contenuti da parte dell’utente.

👉 Utilizzare meno script e plugins possibili

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Come funziona l’algoritmo di LinkedIN?

mercoledì, 24 Giugno 2020 da studio24

LinkedIn, la rete di professionisti più grande al mondo, conta oltre 645 milioni di utenti iscritti in più di 200 Paesi nel mondo.​​​

Fondato come network per cercare lavoro, molti professionisti condividono contenuti per le aziende, personal branding, divulgazione, ecc.

Ma come vengono visualizzati?
Ovviamente il tutto è gestito da un algoritmo che da priorità differenti secondo molti parametri.

linkedin algoritmo Studio 24

​​Quando viene pubblicato un post esso viene classificato, in circa 200 millisecondi, ​in tre categorie: “spam”,”low-quality”,”clear”.

Il sistema seleziona un pool di contenuti da mostrare a utenti selezionati e affini applicando ad ogni post un’ algoritmo di classificazione che prova a simulare il gradimento di questo su quegli utenti selezionati.

La simulazione, grazie a modelli di machine learning, tiene conto di:

  • Azione = se l’utente sarà portato a compiere un’azione sul post
  • Downstream = la possibile “viralità” che può generare, ovvero interazioni successive alla prima azione (es. un like)
  • Upstream = la spinta a produrre maggiori contenuti che l’autore del post può ricevere da una maggiore interazione con i suoi post

Tutto questo per far si che il sistema tenda a mostrare solo post che possano essere cliccati e letti.

​In seguito viene monitorato per vedere che successo ha nel network e nella community di LinkedIN.

In pratica ha maggior valore quante più interazioni ha o visualizzazioni riceve.​

Conta anche quanti e quali connessioni interagiscono tramite reazioni (like, commenti o condivisioni), tempi di lettura del post oppure segnalazioni per la bassa qualità, contenuti inappropriati o spam.

​Dopo questa acquisizione dati, l’algoritmo permette o meno al contenuto di essere proposto ai contatti, quindi di avere maggiore visibilità perchè ritenuto di valore, oppure di contro avere delle limitazioni a livello di feed o addirittura di sospensione.​

​Attualmente l’algoritmo di Linkedin si sta evolvendo introducendo sempre novità di analisi e scoring sui post pubblicati, in ultimo ad esempio la possibilità di tracciare il tempo di lettura del contenuto.​

Ma quindi subiamo l’algoritmo?

No. Infatti puoi intervenire sul tuo news feed e decidere quali contenuti vedere o filtrare in base ai tuoi interessi.

Ad esempio eliminando o smettendo di seguire quei contatti che condividono contenuti non interessanti per il tuo profilo, magari quelli aggiunti per “amicizia” e non affinità professionale.

Puoi nascondere i post che ritieni non interessanti e che non vuoi rivedere in futuro.

Ti consigliamo di usare lo strumento  “Migliora il mio feed” per selezionare persone e hashtag di temi a te affini da vedere nella tua pagina iniziale.
​

Aggiornamento

LinkedIN ha introdotto i tempi di lettura nell’algoritmo.

Esso è un segnale di interesse degli utenti sul contenuto e dunque inserito come fattore importante di ranking.

Le interazioni spesso non sono sufficienti per definire la bontà di un post, infatti posso essere passivo e leggere i post interi senza compiere azioni, oppure cliccare un link ma subito chiudere la pagina perchè non interessante o ancora mettere un like compulsivo su contenuti qualitativamente poveri.

A ora l’algoritmo correla il periodo di visualizzazione del post con la probabilità di interazioni.

C’è un tempo definito in cui l’utente legge e passa, ma se si sofferma di più e trascorsa questa variabile il contenuto aumenta la probabilità di interazione, identificato come interessante, e dunque viene premiato.

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I trend per il 2020 nel mondo social

lunedì, 15 Giugno 2020 da studio24

Abbiamo visto, nel corso degli ultimi anni, che l’interazione tra il mondo social e il marketing è una realtà in continuo divenire: da un lato infatti i social network cambiano spesso pelle, proponendo sempre nuove funzionalità, e, dall’altro, il marketing si adatta ai nuovi gusti degli utenti per rimanere al passo con i tempi.

Già, ma quali sono i trend da tenere d’occhio per il 2020? Li abbiamo analizzati in questo articolo.

Sempre più video

Le Instagram stories e i video di Tik Tok avranno sicuramente un ruolo centrale. Le aziende hanno cominciato ad accorgersene già a metà del 2019, ed è logico aspettarsi che l’attenzione su questi due strumenti non potrà che crescere nei prossimi mesi. Lo sanno anche le piattaforme che, con la funzione “swipe up” permettono di spaziare facilmente dal video sul social all’ecommerce.

Parola d’ordine: targettizzare

Il motivo per cui le aziende hanno un rapporto privilegiato con i social, come tutti sappiamo, è che si crea un rapporto di dare e avere. L’utente scopre i nuovi prodotti, e l’imprenditore raccoglie preziose informazioni sui gusti della clientela. Il trend da tenere d’occhio riguarda l’uso che si fa di queste informazioni: segmentare l’utenza per solleticare l’attenzione dei clienti con offerte personalizzate in base all’area geografica, all’età e agli acquisti fatti in passato.

Il valore dei dati

Oggigiorno anche l’utente meno esperto è consapevole del fatto che i dati personali che cede a un’azienda hanno un valore. Ecco perché da un lato si presta sempre più attenzione alle modalità di trattamento e, dall’altro, ci si aspetta qualcosa in cambio. E mentre sugli ecommerce questo “qualcosa” di solito corrisponde a un piccolo sconto o alla spedizione gratuita, sui social si ricorrerà sempre più spesso a divertenti giochi a premi come la ruota della fortuna, o a quiz a risposte multiple con domande simpatiche.

L’importanza della brand reputation

Non è certo una novità che la brand reputation sia fondamentale per l’engagement. Tuttavia, finora solo le imprese più smart hanno capito che la brand reputation passa anche per la comunicazione social, e sono state abbondantemente premiate per la loro lungimiranza. Sarà quindi lecito aspettarsi una maggiore attenzione al monitoraggio dei contenuti tramite tool analytics, ma anche modalità di comunicazione che escano dai canoni tradizionali per integrarsi con le notizie di attualità, creando un rapporto più sincero e spontaneo con la clientela.

Collect and share

E a proposito di social reputation, quello della condivisione dei propri acquisti sui social è un trend che ha saputo sfruttare intelligentemente la passione dei clienti per le recensioni. Offrire al cliente la possibilità di condividere immediatamente i suoi acquisti sui social, ma anche di poter raccontare l’esperienza d’acquisto, è un modo intelligente di coinvolgere sempre più utenti e rafforzare la fiducia nei confronti del brand. Questo vale in particolar modo per gli ecommerce meno conosciuti, in cui la recensione di chi ha già fatto un acquisto può essere decisiva per spingere un nuovo utente a fidarsi di un brand con il quale non ha ancora mai avuto un rapporto diretto.

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Lo storytelling relazionale: cos’è e come farlo bene

venerdì, 29 Maggio 2020 da studio24

Sappiamo bene quanto sia importante per un’azienda costruire un rapporto di fiducia con i propri clienti e quanto lo storytelling giochi un ruolo fondamentale in questo processo. Saper raccontare la filosofia aziendale, comunicare le idee che stanno dietro un progetto, ma anche la passione di chi ci lavora, in poche parole: condividere dei valori, è un mezzo potentissimo per creare un legame stabile e duraturo.

Viviamo però in un’epoca in cui il semplice storytelling, per quanto importante, non è che la base di un racconto che prosegue quasi quotidianamente, avvalendosi anche delle interazioni dei clienti. È questo lo storytelling relazionale.

Una nuova forma di comunicazione nata grazie alle nuove tecnologie

Se pensiamo alla differenza tra un manifesto pubblicitario e una pagina Facebook, è facile realizzare quanto la comunicazione sia cambiata non solo nelle forme, ma anche nei contenuti. Un cambiamento avvenuto anche e soprattutto grazie ai social, che hanno introdotto la possibilità di instaurare un rapporto diretto e quotidiano con i clienti, e di creare una narrazione fondata sui loro bisogni e sui loro desideri.

Possiamo pensare allo storytelling relazionale come a un dialogo, in cui il contenuto del racconto non è predefinito, ma muta in base agli imput dell’interlocutore. Richieste, proteste, situazioni positive e negative: tutto è utile a costruire una storia autentica e spontanea. Lo scopo è quello di rendere più efficace la comunicazione coinvolgendo i suoi destinatari fino a fargli assumere un ruolo attivo.

Le regole dello storytelling relazionale

Ciò che è fondamentale infatti, in questa forma di comunicazione, è la relazione con il cliente. Questo non è più il destinatario della narrazione, ma ne diventa il protagonista. Tutto, dall’azienda ai suoi prodotti, ruotano intorno alla sua figura. La filosofia e i valori aziendali vengono trasmessi in modo indiretto, mostrando come operano nelle situazioni concrete.

Materialmente questo significa spostare l’attenzione dal prodotto e dall’azienda al cliente. Immaginare come il prodotto e i valori aziendali possano accompagnare il cliente in una fase della sua vita, rispondere ai suoi bisogni, aiutarlo nel raggiungere i suoi obiettivi. Così come un dialogo coinvolgente sfrutta diverse modalità, dalla scelta delle parole alla gestualità, per risultare più efficace, allo stesso modo nello storytelling aziendale si lavora per concetti e immagini in modo da trasmettere quante più sensazioni possibili.

Come costruire uno storytelling relazionale efficace

Abbiamo detto che tutto, dalle recensioni alle proteste, è utile alla narrazione. Questo perché la veridicità del racconto, nel caso dello storytelling relazionale, è un elemento davvero imprescindibile. Il buon comunicatore dovrà quindi sintonizzare le antenne sul sentire dei clienti, ed essere in grado prima di tutto di ascoltare, captando le reali esigenze dei destinatari della narrazione.

Solo in questo modo sarà possibile creare un contenuto plausibile, una narrazione che non corra il rischio di essere percepita come artefatta. Trattandosi di un racconto basato sul reale infatti, mai come in questo caso l’artefazione risulterebbe ridondante e fuori luogo. Ciò che è necessario, quindi, ma anche ciò che premia, è mostrare un reale understatement rispetto ai bisogni del cliente, creando così un vero coinvolgimento.

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Le nuove frontiere del marketing: la ricerca vocale

mercoledì, 06 Maggio 2020 da studio24

“Ehi Siri” “ehi Google”, ammettiamolo: abbiamo preso l’abitudine di parlare con i nostri assistenti vocali più volte al giorno. Una volta scoperto che sul nuovo smartphone non è necessario muovere un dito perché c’è qualcuno che lo fa per noi: la ricerca vocale. Ci siamo immediatamente convertiti a questa nuova tecnologia, cominciando anche a pensare seriamente di installare un sistema domotico in tutta la casa. E invidiando ferocemente chi l’ha già fatto.

Gli assistenti vocali hanno cambiato le abitudini degli utenti, si, ma anche quelle delle aziende, che si stanno repentinamente adattando alla ricerca vocale riconsiderando le proprie strategie SEO. E in questo articolo vedremo come ampliare una strategia di marketing includendo anche questo nuovo strumento.

Come funziona la ricerca vocale

La ricerca vocale funziona come un qualsiasi motore di ricerca, con l’unica differenza che per la query non si inseriscono delle parole scritte, ma si usa la voce. L’assistente vocale, dotato di intelligenza artificiale, riconosce ed elabora il linguaggio, procedendo così a ricercare quello che gli è stato chiesto.

Ma non solo: l’intelligenza artificiale, infatti, è in grado di memorizzare le ricerche, ed elaborare degli accurati report sulle preferenze e sulle abitudini dell’utente. Il tutto al fine di offrire agli utenti risultati sempre più accurati, riducendo al minimo le possibilità di errore. Il che però implica anche nuove regole per l’indicizzazione, che favoriranno quei siti web che più rapidamente saranno stati in grado di adattarsi alla duplice ricerca testuale e vocale.

Uno strumento in rapida ascesa

Come abbiamo detto, ci siamo facilmente abituati a usufruire delle comodità degli assistenti vocali, che secondo le stime sono dati in rapida ascesa. La ricerca vocale si è inoltre rivelata una tecnologia piuttosto trasversale, utilizzata sia dai millennial che da un’utenza più adulta.

Ad oggi le domande degli utenti riguardano principalmente prodotti e luoghi, in quest’ultimo caso sfruttando anche la geolocalizzazione. Le ragioni del successo di questo strumento stanno infatti non solo nella sua facilità d’uso, ma anche nella semplificazione di attività come la cercare locali o alberghi nelle vicinanze. Una funzione che da un lato valorizza l’utilità dello smartphone come strumento di semplificazione della vita quotidiana e, dall’altro, si rivela in linea con la tendenza degli utenti a utilizzare sempre più i dispositivi mobili per le loro ricerche.

Come sfruttare la ricerca vocale nelle strategie di marketing

Mettendo insieme i dati, ossia la crescente tendenza a fare ricerche da mobile, e quella a sfruttare la ricerca vocale, emerge in modo evidente come una buona strategia di marketing, oggi, non possa assolutamente permettersi il lusso di trascurare la ricerca vocale, perché il rischio è quello di perdere una buona fetta di clientela.

Materialmente questo significa integrare nuovi elementi nelle strategie SEO, considerando la differenza tra una query testuale e un vocale. Mentre la prima è stringata e molto focalizzata su una o più parole chiave, la seconda ha una forma colloquiale, molto diversa dalla prima e molto più simile al dialogo tra due persone, il che implica la necessità anzitutto di individuare nuove parole chiave, e ri-ottimizzare di conseguenza i contenuti così da rendere il sito facilmente raggiungibile con entrambe le modalità di ricerca.

 

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Come Steve Jobs ha ottimizzato il messaggio di Apple

mercoledì, 29 Aprile 2020 da studio24
ottimizzazione

Gennaio 1983. Apple ha terminato la produzione del suo nuovo computer, Lisa.

Lo lanciano con un annuncio di nove pagine (9!!) sul New York Times.

ottimizzazione - 1

Sono nove pagine di puro linguaggio nerd e geek. Nessuno al di fuori della NASA è interessato ad approfondire. Lisa vende solo 10.000 unità.

Quattordici anni dopo, Steve Jobs ritorna in Apple.

Nella sua prima campagna, riduce le nove pagine del New York Times a due semplici parole sui cartelloni pubblicitari in tutta l’America: “Think different”. E lo abbina a fotografie di personaggi dal messaggio potente.

Non ci sono computer negli annunci. Nessun gergo tecnico. Ottimizzazione al massimo. Nessun disturbo alla potenza del messaggio.

Jobs ha capito che le persone non acquistano il miglior prodotto. Comprano la migliore storia. Quindi è quello che ha venduto loro.

Vedi la grandezza. Vuoi emularla. Apple è il mezzo per raggiungerla.

steve3b Studio 24

La campagna è durata 5 anni e la ottimizzazione  del messaggio ha cambiato sorti di Apple.

Think Different è ancora stampato sul retro di alcuni computer Apple oggi.

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Come “sfruttare” i tuoi dipendenti sui social

lunedì, 27 Aprile 2020 da studio24

No, non si tratta di metterli in catene e frustarli finché non mettono il like alla pagina aziendale, per fare rete, anche se la tentazione di trattare chi non mette il like alla pagina aziendale come un traditore della patria – ammettiamolo – è sempre presente.

In questo articolo parleremo piuttosto di come sfruttare al meglio la compagine aziendale per far fronte al nuovo algoritmo di Facebook, un’idea semplice, facile da realizzare, e decisamente efficace.

Di algoritmi e sponsorizzazioni
Come tutti ben sappiamo, Facebook ha il vizio di cambiare spesso il proprio algoritmo concentrandosi su uno o più aspetti che – secondo un gruppo di geni della Silicon Valley – meritano assolutamente di essere valorizzati. Cominciamo col dire che l’algoritmo cambia sempre in modo inaspettato, generando dapprima confusione e sconcerto (dove sono finiti i miei amici?) e, una volta capito il trucco, la comprensibile voglia di maledire i succitati fenomeni.

Per un certo periodo il focus è stato tutto sulle notizie, con la conseguenza che il Corriere del Ticino compariva in home page più spesso dei post dei parenti. In effetti sono stati in pochi a lamentarsene.

Attualmente il focus invece è su due elementi: sponsorizzazioni e interazioni. È facile capire il perché delle prime: si pagano, e quindi convengono all’azienda, che infatti ne mostra sempre di più a discapito di altri contenuti.

Generare interazioni per aumentare la visibilità
Le interazioni di Facebook consistono invece in like, commenti e condivisioni. In base al nuovo algoritmo, un contenuto appena creato viene mostrato dapprima a un numero ristretto di persone, e solo se riceve un certo tot di interazioni viene qualificato come interessante e mostrato a una cerchia più ampia. Questo chiaramente crea un sistema gerarchico in cui il massimo della visibilità viene garantito alle pagine sponsorizzate, seguite dai profili personali, che di solito creano più interazioni, mentre i contenuti delle pagine aziendali restano piuttosto in ombra.
Si tratta di una scelta ben precisa, volta a spingere le aziende a investire sempre di più in adv, ma che si può in qualche modo aggirare.

Come? Ricorrendo ai propri dipendenti per generare interazioni con le quali rendere il contenuto della pagina aziendale sempre più visibile. Magari creando contenuti che interessino prima di tutto loro, così da creare un’interazione spontanea.

Un esempio pratico: valorizzare i dipendenti per spingerli a interagire
Una volta capito che questa è la strategia giusta per “spingere” il contenuto di una pagina, vediamo come generare materialmente queste interazioni. Per prima cosa, lo stesso contenuto può essere postato sia sulla pagina aziendale che sulla pagina personale di un responsabile. In questo secondo caso, taggando nel post chi ha collaborato a un determinato progetto che, così, si sentirà spinto a mettere almeno un like.

In secondo luogo, è bene mettere in atto una strategia win win: creare un contenuto in cui venga valorizzato il lavoro di chi ha materialmente dato il suo contributo al progetto, offrendo così visibilità anche allo stesso dipendente.

Questo fa sì che dal like si passi facilmente alla condivisione, e dalla condivisione a un aumento della visibilità del post per effetto dell’algoritmo. In questo modo tutti, dall’azienda ai singoli, hanno guadagnato in visibilità, ma non solo: evidenziando il valore del gioco di squadra, anche la social reputation ne è uscita migliorata.

Se hai un’attività che vorresti promuovere, siamo a disposizione per una analisi gratuita della tua situazione.

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Tik Tok: cos’è, come funziona e come possono sfruttarla le aziende

mercoledì, 12 Febbraio 2020 da studio24
tik tok

Nata dalla fusione con Musical.ly, e diffusa principalmente tra i giovanissimi, l’applicazione Tik Tok è ormai uscita dalla sua nicchia per diventare l’app social più scaricata al mondo nel 2019, superando Facebook e Instagram. Non sorprende quindi che le aziende abbiano cominciato a interessarsi a questa nuova piattaforma, e per questo abbiamo cercato di capire di cosa si tratti, come funziona e, ovviamente, come sfruttarla per promuovere la propria attività.

Veloce e divertente

Tik Tok sembra rispondere pienamente alle esigenze di immediatezza dei giovanissimi, sempre meno propensi a mantenere la concentrazione per più di 20 secondi, e abituati a essere stimolati in modo molto creativo. Tramite l’applicazione è infatti possibile realizzare brevi video in cui, ballando o utilizzando solo il labiale, si mimano canzoni o pezzi di film o serie tv trasmesse in sottofondo.

La ragione del suo successo sta nel fatto che, grazie alla possibilità di sincronizzare i video, anche chi non è capace di andare a tempo può confezionare un contenuto divertente. Allo stesso tempo, gli iscritti possono creare una propria community aggiungendo amici e fan e interagendo con loro. Si unisce quindi un aspetto creativo alle funzioni tipiche dei social network, come la possibilità di scambiarsi messaggi, ma anche di rendere privato o pubblico il proprio account.

Tutti possono visualizzare

Un altro aspetto innovativo di Tik Tok rispetto agli altri social, è che non è necessario registrarsi per visualizzare i contenuti. Basta infatti scaricare l’app per poter visualizzare subito i vari video postati dagli utenti che hanno un account pubblico (mentre la registrazione è necessaria se si vuole partecipare attivamente e per aggiungere utenti che hanno un account privato), il che rende il bacino d’utenza di questa app potenzialmente infinito.

Infatti, non essendo necessario registrarsi, una volta installata l’app basta scorrere il feed per guardare i video, senza dover “cercare” i propri amici, aggiungere o seguire utenti. Un algoritmo mostra i video più visualizzati o quelli realizzati da utenti che si trovano nelle vicinanze, e per registrare i gusti di un utente e mostrargli contenuti targhettizzati, l’intelligenza artificiale si basa anche sul semplice tempo trascorso su un video, senza che siano necessarie interazioni.

Sfidarsi con le challenge

Ma la caratteristica di Tik Tok che può rivelarsi davvero interessante per gli utenti aziendali è la generazione di interazioni tramite challenge. Spieghiamoci meglio: così come gli altri social network, anche su Tik Tok è possibile utilizzare gli hashtag per targhettizzare i contenuti. L’innovazione sta nel fatto che gli utenti di questo social utilizzano gli hashtag per “lanciarsi delle challenge”, ossia sfidarsi in gare di “canto” o recitazione.

E dal momento che i video che partecipano a delle challenge tendono a diventare virali, è facile immaginare che in futuro sempre più aziende parteciperanno a queste sfide o le lanceranno. Con in più il vantaggio che i video di Tik Tok possono essere ripubblicati e diventare virali anche su altre piattaforme, il che rende questa piattaforma un’occasione davvero ghiotta per aumentare sia la visibilità che l’engagement.

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