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29/03/2023

Categoria: Web Marketing

Utilizzare i bug del cervello per vendere eticamente? Ci hai mai pensato?

mercoledì, 23 Giugno 2021 da studio24

Oggi parliamo di un termine che si sta diffondendo sempre di più tra il grande pubblico: il bias cognitivo. Di cosa si tratta? Secondo Wikipedia, un bias cognitivo è “un giudizio (o un pregiudizio), non necessariamente corrispondente all’evidenza, sviluppato sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro, che porta dunque ad un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio”. 

Semplicisticamente, potremmo definirlo come una convinzione che si sedimenta nella persona a seguito di una valutazione errata o fondata su informazioni parziali. Ciò che ci interessa, però, è che i bias cognitivi sono estremamente frequenti, tanto che influenzano la gran parte del nostro agire quotidiano. E, di conseguenza, anche le nostre decisioni come consumatori. Ecco perché conoscerli può rivelarsi molto utile – no, non per manipolare la mente dei potenziali clienti, ma – per meglio impostare le strategie di marketing. Vediamo allora quanti e quali tipi di bias esistono, e come utilizzarli per aumentare le vendite.

Il Conservative Mindset:

Chiamato anche più brevemente “Conservatism”, consiste in quella tendenza a rigettare la novità, non voler rivedere le proprie posizioni, o riuscire a farlo solo parzialmente, quando vengono proposti nuovi dati. Come ci si rapporta a un conservative mindset? Evitando di imporsi, di apparire supponenti, sfuggenti e arroganti, e favorendo invece una comunicazione chiara ed esaustiva, un atteggiamento aperto e accogliente che introduca i concetti in modo soft. Un esempio pratico? Pensate a quando ricevete dieci chiamate di telemarketing in cinque minuti dallo stesso operatore, e fate esattamente il contrario.

L’availability heuristic

L’euristica della disponibilità è uno dei bias più diffusi, e consiste in una scorciatoia mentale che porta a ragionare e fare valutazioni in base alle massime di comune esperienza, o anche alle proprie esperienze specifiche. È, a tutti gli effetti, un limite mentale che impedisce il cambiamento. Ma allo stesso tempo, questo bias facilita l’impostazione delle strategie di marketing, suggerendo di veicolare i messaggi – e più in generale le ambizioni di vendita – verso quei soggetti che hanno già mostrato una propensione ad acquistare i vostri prodotti o fruire dei vostri servizi.

Choice supportive bias

Ho ragione o ho ragionissima? Nelle scienze cognitive, il termine choice supportive bias indica, infatti, quella tendenza a valutare le proprie scelte in modo più positivo di quanto non siano in realtà. Non solo attribuendo a ciò che si è scelto caratteristiche positive, ma anche gettando involontariamente discredito sulle opzioni che non si sono scelte.

Dal punto di vista del marketing, questo bias si rivela spesso un’arma a doppio taglio. Da un lato, infatti, fa sì che chi compie una determinata scelta d’acquisto tenda ad arroccarsi sulle proprie posizioni. Dall’altro, però – ed è quello che ci interessa in questa sede – tende anche a scomparire rapidamente qualora la realtà dovesse smentirlo (sentitevi liberi di interpretare quest’ultima informazione avvertendo nitidamente la voce di un manager milanese che scandisce: ri-sul-ta-ti!).

Il paradosso di Stockdale

simile al precedente, si tratta della tendenza a sovrastimare gli esiti positivi di un’attività. Da tenere sotto controllo perché aumenta le probabilità di fallimento.

Bandawagon Effect

Un nome esotico per un concetto che conosciamo sin dai tempi della scuola dell’obbligo: la tendenza a fare qualcosa perché la fanno tutti. E se l’inciso “centinaia di clienti soddisfatti” vi dice qualcosa, allora avete capito come sfruttarlo nel marketing. In poche parole: quando qualcosa ha successo, fatelo sapere in giro.

Blind spot e confirmation bias

Il primo indica la tendenza a riconoscere gli effetti dei bias nei comportamenti degli altri, ma non nei propri. Il secondo, invece, è la tendenza a confermare il proprio giudizio. Vi dice nulla “è la prima impressione quella che conta”? Questo perché le persone tenderanno a valutare solo quei dati che confermano l’idea che si sono già fatte. Trattiamo i due bias insieme, perché il confirmation bias è ciò che, nel marketing, consente di far fronte al blind spot. In poche parole, si tratta di dare – o dire – al proprio target quello che (già) vuole.

Conservation bias

Diverso dal Conservatism, si può tradurre in soldoni con la tendenza a non investire in ciò che non si conosce, indipendentemente dal fatto che l’investimento potrebbe portare un ritorno decisamente positivo. Il trucco, allora, sta nello scorporare la spesa “al prezzo di un caffè al giorno!”, introducendo una narrativa che presenti la scelta come estremamente conveniente, così da non sollecitare l’attivazione di questo bias.

Clustering illusion

Si tratta della tendenza a passare dal particolare al generale, considerando ad esempio come comune esperienza ciò che è invece accaduto solo al singolo. È un bias che genera diffidenza verso il mondo dei servizi, e che suggerisce di prestare particolare attenzione ad evitare situazioni problematiche, così da non ingenerare erronee convinzioni nei clienti.

Qualche consiglio finale

Abbiamo visto quali sono i bias cognitivi più frequenti, come influenzano i clienti, e come sfruttarli a proprio vantaggio. Manca solo un consiglio: nell’approcciare un cliente, è bene ricordare che l’aspetto emotivo vende più della logica (se questa fosse davvero efficace, i bias semplicemente non esisterebbero). Anziché spiegare allora perché una determinata convinzione è sbagliata, aggirate l’ostacolo, date ai clienti ciò che vogliono, fategli credere che non ci sono alternative. In poche parole, fate dei bias i vostri alleati.

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Sai creare una landing page efficace? Scoprilo con la nostra guida!

mercoledì, 28 Aprile 2021 da studio24

Oggi parliamo di Landing Page, la pagina che si apre quando si clicca sul “clicca qui” (anche sui link, le landing page sono molto democratiche). Perché lo facciamo? Perché queste sono le pagine in cui vogliamo che il cliente resti, si informi, e compia un’azione. Azione che di solito “aggiungi al carrello”, per continuare a usare il linguaggio dei pulsanti, ma non solo. Analizzeremo, più nello specifico, come dev’essere fatta una landing page per essere davvero efficace. Pronti? Cominciamo!

Dritti alla meta: cosa deve fare una landing page

Ipotizziamo una situazione tipo: il potenziale cliente riceve una newsletter che lo avvisa di un’offerta promozionale su un dato prodotto. Invogliato, clicca sul link. A quel punto si apre una pagina che contiene più di un prodotto, più di un’offerta, e diverse altre informazioni aggiuntive. Non c’è che dire: un metodo davvero efficace per disperdere visitatori e vanificare lo scopo della newsletter. Ora: non è che le landing pages debbano essere tutte uguali – al contrario: variano in base allo scopo specifico – ma sicuramente tutte devono mirare all’obiettivo in modo inequivocabile, senza cioè offrire all’utente una certa quantità di opzioni alternative.

Diciamolo meglio: la landing page deve offrire una sola opzione. Il livello di attenzione degli utenti, e il tempo che sono disposti a dedicarvi, è sempre minore. Vale dunque la pena veicolare il tutto verso un unico pulsante, che sia “aggiungi al carrello” “iscriviti” e così via, deve poter fare solo quello. Se avete bisogno di più azioni, la soluzione è semplice: create più landing page.

Ovviamente, oltre a dare una sola opzione, deve anche spingere il potenziale cliente a sceglierla. Come? Rafforzando nell’utente la convinzione che il prodotto o l’azione proposta siano effettivamente validi. Si possono inserire delle informazioni aggiuntive, recensioni o FAQ, l’importante è che si tratti di informazioni esaustive: l’utente non deve essere invogliato ad aprire un’altra pagina.

Analizziamo insieme il contenuto di una landing page efficace

Siccome non ci piace puntare il ditino dicendovi semplicemente cosa dovete fare, vogliamo spingerci oltre e spiegarvi anche come dovete farlo. Abbiamo parlato di contenuto esaustivo, ma cosa intendiamo? Premesso che ogni landing page ha una storia a sé perché ha un obiettivo specifico, in linea di massima il focus dovrebbe essere sul rispondere a tutte le domande: chi, quando, cosa, come, perché, dove, quanto costa? Recensioni, garanzia, resi, spedizione, statistiche, problemi e soluzioni, risultati, metodi di pagamento.

In poche parole, in una sola pagina dev’essere contenuta ogni informazione che l’utente potrebbe potenzialmente voler conoscere, così che non vada su un’altra pagina per conoscerla. Non preoccupatevi della sua lunghezza, perché in questo caso ha senso, è l’utente a preferirlo. Inoltre, nessuno li obbliga a leggere tutte le informazioni. Alcuni saranno più interessati alla spedizione, altri al prezzo, l’importante è soddisfare tutti.

Allo stesso tempo, il testo deve andare dritto al punto, cioè dare un messaggio indicativamente esaustivo all’utente nei primissimi secondi dopo l’apertura, e invogliarlo poi ad approfondire.

La landing page è solo uno dei passaggi della strategia di marketing…

Attenzione: quando si crea la landing page, il lavoro non è finito. Anzi, possiamo dire che sia appena cominciato. Questo è il momento in cui dovete verificare la sua efficacia analizzando le statistiche: da dove viene il traffico, a che ora, su cosa cliccano, arrivano a fine pagina o meno? E se non ci arrivano, è perché abbandonano la pagina o perché cliccano sul carrello? Sfruttate tutto, dalle mappe di calore ai dati sui clic effettuati, ad esempio, su immagini che i clienti cercano di ingrandire. E non abbiate paura di effettuare modifiche in corso d’opera.

È importante ricordare, infatti, che la landing page si inserisce nel contesto di una strategia di marketing. Cosa significa questo? Che focalizzarsi sulla singola pagina non basta. Al contrario, è necessario analizzare tutti i dati, anche quelli precedenti e successivi all’”approdo” sulla pagina. Un esempio? Il target. Dove avete inserito l’adv con il link che porta alla pagina? Si tratta di un social o di una newsletter? E sono indirizzati a un target giusto per il prodotto? Il rischio non è solo di rendere la strategia inefficace, ma anche di ottenere dei dati falsati.

Il target determina, in parte, anche il contenuto, quantomeno sotto il profilo più specificamente estetico. Una grafica e un copy coerente con il pubblico che si desidera raggiungere è, infatti, fondamentale. Cosa fare allora?

…e va trattata come tale

Avrete già capito dove vogliamo arrivare: creare una headline che catturi l’attenzione offrendo anche tutte le informazioni principali (prezzo, prodotto, problema, soluzione) con uno stile che sia in linea con l’immagine globale del brand. Anche se non sempre è necessario, la scelta di aggiungere un’immagine si rivela, nella maggior parte dei casi, una buona idea.

Quanto al copy, potete scegliere di andare dritti al punto dando la notizia principale (“offerta 25%”), o introdurre l’argomento (“come trovare i migliori ferramenta in Ticino”), ma anche – vi consigliamo però di farlo solo se siete sicuri che l’idea sia geniale – il titolo ad effetto, battute, doppi sensi, domande, giochi di parole. O ancora, testimonianze e numeri. Non vi sentite sicuri della vostra headline? Cambiatela utilizzando un verbo imperativo: “trova i migliori ferramenta su Lugano!”, così si va sempre sul sicuro.

Capitolo misure: non è necessario che la headline occupi una sola riga, ma non fatela mai arrivare alla seconda metà della pagina, un fattore essenziale per invogliare il cliente anziché fargli lasciare la pagina.

Ancora: mettere alla prova la landing page con un A/B test

Non vi sentite completamente sicuri della bontà dei contenuti, o volete semplicemente sfruttare la vostra landing page per trarne più dati possibili? Bene. Abbiamo già parlato dell’importanza delle statistiche e di come sia utilissimo fondamentale raccogliere e analizzare più dati possibile. Ma andiamo oltre: per capire cosa funziona o no, e se i risultati delle vostre analisi sono corretti, potete provare a fare degli A/B test.

Crea due landing page quasi identiche, e dividi il traffico: 50% su una e 50% sull’altra. Non è necessario che le differenze tra le due siano significative, potete cambiare il colore dei tasti, la dimensione di un’immagine o quella dei caratteri. In base ai risultati puoi apportare le prime modifiche, ma questo non significa che tu debba fermarti. Puoi, infatti, fare test per qualsiasi cosa, e continuare potenzialmente all’infinito. Considera un dato: è possibile che ogni variazione apporti solo un piccolo incremento del tasso di conversione, ma allo stesso tempo le variazioni che puoi potenzialmente apportare sono tante. Il risultato finale, insomma, potrebbe essere davvero rilevante.

Interrompiamo le trasmissioni per un piccolo problema tecnico: la landing page dev’essere funzionante

Ora vi starete domandando se c’era davvero bisogno di dirlo. Purtroppo la risposta è si. È chiaro che tutti sappiate che la landing page deve potersi caricare, scorrere, e avere link che portino effettivamente da qualche parte. In teoria. In pratica non è detto che siate sempre consapevoli di cosa può non funzionare. Per esempio: siamo certi che la pagina si carichi correttamente con tutti i browser? E come va con l’ottimizzazione per mobile? Hosting e monitoraggio sono fluidi o ci sono interruzioni? Registrarsi, raggiungere il carrello, compiere l’azione desiderata, è materialmente possibile, e veloce?

O ancora: avete fatto in modo che la landing page non fosse raggiungibile dai motori di ricerca – se è questo che volete – o, al contrario, avete controllato lo stato dei parametri noindex e dei file htaccess e robots? Ecco, come potete vedere, la situazione dei parametri tecnici è ben più articolata rispetto al semplice tasto del carrello funzionante. Un consiglio? Focalizzatevi molto sull’esperienza da mobile, perché è da lì che oggi arriva la maggior parte del traffico.

Qualche consiglio finale

Analizziamo ora due aspetti specifici e un po’ di nicchia: la possibilità di realizzare delle landing page senza sito web, e quella di inserire testimonianze e recensioni in landing page. Quanto alla prima, se vi state chiedendo se è possibile, la risposta è sì, ovviamente lo è. Se però vi chiedete se sia utile, onestamente no. Un sito web non solo crea autorevolezza e fiducia attorno alla vostra azienda, ma è anche un importante veicolo di traffico e dati utili. Magari non volete aprire un eCommerce, ma permettere ai clienti di conoscere i vostri orari di apertura dai motori di ricerca non dovrebbe nemmeno essere un’opzione. Insomma, se non lo fate, sappiate che l’inerzia è a vostro rischio e pericolo.

Sempre a proposito di autorevolezza e fiducia, un piccolo suggerimento: le recensioni dei clienti, inserite nella landing page, saranno la vostra ciliegina sulla torta. Fanno leva sul dato umano – ho avuto lo stesso problema, avevo la tua stessa esigenza – e hanno una credibilità agli occhi dell’utente assai più elevata rispetto al decantare da soli la bontà del vostro prodotto. Per la stessa ragione, che si tratti di recensioni lunghe e articolate, o di semplici voti, sappiate che anche quelle negative rafforzano la vostra credibilità.

Insomma, tenete presente che il fine ultimo della landing page è la conversione e regolatevi di conseguenza, senza lasciare nulla al caso ma anzi, mettendovi alla prova e migliorandovi costantemente. E adesso che sapete cosa fare, vogliamo vedervi presto all’opera!

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Inbound marketing: imparare a catturare clienti attirando la loro attenzione

mercoledì, 21 Aprile 2021 da studio24

Siamo certi che avete già sentito nominare l’Inbound Marketing, ma voi, siete certi di aver capito cosa significa davvero? Ebbene, è proprio quello che vogliamo spiegarvi in questo articolo. Cos’è e, ovviamente, come sfruttarlo per attirare traffico e aumentare le conversioni. Pronti alla lettura? Andiamo!

Che cos’è l’Inbound Marketing?

Nell’ambito delle strategie di marketing, quelle di tipo Inbound si concentrano sul veicolare l’attenzione di soggetti potenzialmente interessati per trasformarli in contatti e clienti, mediante una modulazione della strategia di comunicazione che vada incontro ai loro interessi e bisogni. Si tratta, cioè, della creazione di contenuti modulati in base ai gusti della propria platea al fine di catturarne l’attenzione.

È una strategia che coinvolge non solo il tipo di contenuto, ma anche la scelta di canali e strumenti di comunicazione e di analisi del target.

Come si imposta una strategia di Inbound Marketing?

La strategia di Inbound Marketing “tipica” si compone di quattro fasi principali:

  1. Attrazione: si intercetta l’attenzione dei soggetti che sono già interessati, ciò che rende più alto il tasso di conversione, e più redditizio l’investimento per cliente;
  2. Conversione: come sappiamo, si parla di conversione quando il semplice utente-visitatore diventa a tutti gli effetti un contatto (es: lascia i propri dati per iscriversi alla newsletter). Usualmente, le strategie di Inbound Marketing prevedono una piccola ricompensa per la conversione, come ad esempio uno sconto sul primo acquisto. Questo perché la strategia è tanto più efficace quanti più contatti si ottengono;
  3. Chiusura: è la fase della vendita, che si basa sulla costruzione di un rapporto di fiducia da nutrire in modo costante nel tempo;
  4. Fidelizzazione: ossia, mantenere i clienti già esistenti, considerati i migliori contatti quanto al rapporto investimento/ritorno, ma anche sotto il profilo della pubblicità gratuita che si ottiene grazie al loro passaparola, fisico e in rete. È una fase che prevede, ad esempio, contenuti utili, promozioni dedicate, e altri piccoli vantaggi.

Quali sono gli strumenti dell’Inbound Marketing?

Abbiamo visto quali sono gli obiettivi di questa strategia di marketing, vediamo ora quindi come questi vengono perseguiti in concreto. Anzitutto, gran parte del lavoro è affidata al Content Marketing, dunque alla creazione di contenuti di qualità. Può trattarsi di articoli di blog, video esplicativi, infografiche che offrano una reale utilità agli utenti. Importante è poi la componente SEO/SEM, per rendersi immediatamente disponibili sui motori di ricerca quando il potenziale cliente ha bisogno di un certo prodotto o servizio. Si parla principalmente di ottimizzazione dei contenuti (keyword in particolare), link building, per guadagnare autorevolezza, e un aggiornamento costante.

Non meno importante è il Social Media Marketing, che cattura quegli utenti (moltissimi) che passano circa quattro ore al giorno sui social network. La presenza sui social è praticamente imprescindibile, e non può essere una presenza inerte ma, anzi, si basa sulla proposta di contenuti di qualità. Inoltre, i social sono un luogo di interazione, in cui ci si relaziona con il potenziale cliente e si ottengono utili feedback. Viceversa, la comunicazione è monodirezionale – ma non meno efficace – nel caso dell’Email Marketing, tuttora una delle strategie di maggior successo. La ragione di ciò si basa sul fatto che l’utente con cui si interagisce ha già preso una decisione – quella di lasciare il proprio contatto – mostrando così il proprio interesse, sia pur potenziale. L’email marketing, appunto, è ciò che porta l’attenzione potenziale dell’utente a un più che materiale clic su “aggiungi al carrello”. Infine, uno sguardo all’ultima novità: l’internet delle cose (IoT, Internet of Things), che estende e ottimizza la comunicazione a/per dispositivi come, ad esempio, gli smartwatch.

Quali sono i vantaggi dell’Inbound Marketing?

Veniamo ora agli aspetti più prosaici: cosa “ci guadagna” un’azienda a investire su una strategia di Inbound Marketing? Molto. In primo luogo, in termini di brand awareness, che riceve un vero e proprio boost da queste strategie grazie alla concentrazione su contenuti utili e di qualità. Ma non solo: proprio tramite questi contenuti si costruiscono relazioni che, debitamente coltivate nel tempo, vanno a formare una platea estremamente ampia che incide sia sull’autorevolezza del brand, sia sulle potenziali conversioni.

E come non menzionare, quando si parla di relazioni, i lead qualificati? Parliamo dei cd. “contatti caldi”, quelli cioè, che sono già interessati, almeno in potenza, e rispetto ai quali l’investimento si rivela dunque più proficuo, date le maggiori possibilità che si convertano da utenti a clienti. In poche parole: ottimizzare le spese pubblicitarie andando a focalizzare l’investimento per cliente in quelle aree che mostrano maggiori garanzie di successo, spendendo al contempo meno e meglio.

L’inbound marketing: portare valore creando qualità

Abbiamo scoperto cos’è, come funziona e quali sono gli obiettivi dell’inbound marketing. Abbiamo capito come lavora, e quali sono i suoi vantaggi. Qual è l’elemento comune a tutti i suoi aspetti? La costruzione di valore e qualità. Questa strategia, infatti, si basa su un’oculata selezione dell’utenza, e sul confezionamento strategico di contenuti orientati a veicolarne le scelte. Una tecnica che porta valore alla singola impresa non solo in termini di entrate, ma anche di costante perfezionamento delle proprie strategie. In poche parole: c’è davvero tutto da guadagnare. Insomma, cosa state aspettando?

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Facebook Ads e iOS14: come prepararsi

mercoledì, 10 Marzo 2021 da studio24

Ormai lo sappiamo tutti: l’ultimo aggiornamento del sistema operativo Apple vieterà la raccolta e la condivisione di alcuni dati salvo specifica approvazione dell’utente. In parole povere: tempi bui in arrivo per le ads. Questa era la cattiva notizia. La buona è che si può ancora fare qualcosa. Cosa? Ve lo spieghiamo proprio in questo articolo.

Che sta succedendo con iOS14? Possibili scenari

Disponibile da Settembre 2020, iOS14 diventerà effettivamente operativo su iPad e iPhone a decorrere dalla primavera 2021 (data in cui la sua diffusione diventerà generalizzata). Con il nuovo SO, Apple ha introdotto, come abbiamo detto, la richiesta dello specifico consenso dell’utente per il tracciamento del loro uso personale di alcune app.

Dal punto di vista degli advertiser, nel caso in cui la maggioranza degli utenti decida di non condividere i propri dati, occorrerà chiaramente correre ai ripari. Tutto quanto concerne la profilazione del target, ad esempio, dovrà necessariamente trovare un’altra fonte di sostentamento. Come anche attirare l’attenzione nella parte iniziale del funnel (TOFU) richiederà qualche passaggio in più. C’è, inoltre, il concreto rischio che monitorare l’andamento di una campagna non dia più dati realistici.

Chi e cosa riguarda questa variazione? Facebook, Instagram e Messenger in primis, ma anche tutte le altre app che lavorano con i dati degli utenti per finalità promozionali o di personalizzazione. Di buono, invece, c’è che l’aggiornamento riguarda solo l’uso delle app da mobile, mentre un altro aspetto negativo riguarda il fatto che l’algoritmo che regola il feed di ogni utente si basa sulle sue preferenze e, ove queste non possano essere raccolte, ci saranno inevitabili conseguenze anche sulla proposta (possiamo dire che si è a un passo dal ritorno alla timeline cronologica, ecco).

Perché lo fai (disperata ragazza mia)?

Quali sono le ragioni che hanno spinto Apple a lanciare l’App Tracking Transparency? La decisione è stata quella di forzare in qualche modo le app a comunicare agli utenti quali dei loro dati stiano utilizzando. Questo riguarderà anzitutto gli sviluppatori, che dovranno specificare ogni dato sensibile di cui l’app ha bisogno, mettendolo bene in chiaro nella fase precedente al download. Inoltre, come abbiamo detto, con il nuovo aggiornamento l’utente potrà decidere se fare utilizzare i propri dati.

Quali? Quelli che determinano la visualizzazione di annunci mirati, quelli relativi alla propria posizione, e quelli connessi all’elenco email, ID pubblicitari e altri ID con un advertising network di terze parti. Ma non solo: gli sviluppatori saranno tenuti a seguire delle best practice che prevedono, tra le altre cose, l’impossibilità di incentivare gli utenti ad acconsentire all’utilizzo dei dati, l’utilizzo di un testo esplicativo/persuasivo breve e conciso, il divieto di utilizzare l’IDFA (l’identificativo utente per gli advertiser) senza autorizzazione, e la responsabilità degli sviluppatori in caso di violazione delle regole.

Ed eccoci giunti alle ragioni che hanno spinto Apple – alla quale, ove mai ci fosse venuto il dubbio, della tutela della nostra privacy non interessa assolutamente nulla – ad adottare questa policy: proteggersi da possibili azioni risarcitorie. E se i telefilm americani ci hanno insegnato qualcosa, è proprio che i risarcimenti e le class action, negli USA, hanno un certo peso. Insomma, è difficile che a Cupertino cambino idea.

Cosa cambierà in concreto?

Il gruppo Facebook, che ovviamente in questo momento è la realtà più colpita dalla nuova policy, è corso ai ripari stilando una breve guida per gli advertiser con dei consigli utili per non abbandonare Facebook prepararsi all’avvento del nuovo iOS. Analizziamo gli aspetti più rilevanti:

  1. Ogni dominio potrà configurare solo fino a 8 eventi di conversione, mentre l’ottimizzazione dei gruppi di inserzioni per quegli eventi di conversione che non sono più utilizzabili verrà messa in pausa. In poche parole, riorganizzare il lavoro per rientrare nel range degli 8 eventi.
  1. Sarà Facebook a selezionare gli eventi tra quelli che ritiene più rilevanti in base all’attività del soggetto professionale, al numero di conversioni e a tutti gli altri dati variamente relativi alle performance. In futuro è probabile che saranno gli advertiser a poter scegliere, ma in questo momento non è così, ed è quindi una scelta intelligente quella di cominciare a valutare in anticipo gli eventi considerati essenziali ed eventualmente modificare la strategia delle ads. Attenzione: le visualizzazioni della pagina di destinazione e i click sul link, per le ads in TOFU, non subiranno limitazioni, un dato da tener presente quando si pensa a riprogrammare la strategia.
  1. Ci sarà una verifica del dominio con l’obiettivo di dimostrare che un account è collegato al dominio del sito web per il quale si stanno facendo ads, mediante un codice specifico da inserire sul sito stesso.

Qualche suggerimento utile per adattarsi ai cambiamenti

Possiamo facilmente dedurre quale dovrà essere la strada da seguire. Per prima cosa, adattarsi al tracciamento di soli 8 eventi. Allo stesso tempo però, le conversioni personalizzate create direttamente dal Business Manager, in questo momento non sono soggette a limitazioni. Sarà possibile, allora, monitorare un evento non più inserendolo come evento personalizzato, ma distinguendolo all’interno del business manager utilizzando il singolo evento di acquisto e l’identificatore come URL. Insomma, un modo di aggirare il problema (vale anche con azioni come il tempo trascorso sulla pagina e la percentuale di scorrimento) c’è. Inoltre, eventi come i clic sui link e le visualizzazioni della pagina di destinazione non rientrano nella limitazione.

Per quanto riguarda i dati sul tracciamento, che probabilmente risulteranno meno completi, è possibile anzitutto verificare quanto si discosteranno dalla realtà confrontandoli con i dati di Google Analytics. Consigliato, in questo caso, eseguire l’upgrade a GA 4.0 per sbloccare più funzionalità. Attenzione, questo vale anche e soprattutto quando si utilizzano anche fonti di traffico diverse dai social (es. ricerca a pagamento, newsletter ecc.)

Insomma, sarebbe inutile fingere che il nuovo aggiornamento non sarà un problema. Ma adottando una strategia preventiva, e sfruttando di più le altre fonti di dati, il problema potrebbe, in futuro, anche rivelarsi minimo. Nel frattempo, come si dice in questi casi, fingers crossed!

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Buyer Personas: chi sono, cosa fanno e perché sono importanti

mercoledì, 24 Febbraio 2021 da studio24

Ogni strategia di marketing che si rispetti deve avere ben presente qual è il suo target di riferimento. Conoscere chi sono, da dove vengono, quali sono i gusti e le abitudini dei propri clienti, è infatti un passaggio imprescindibile per poter comunicare con loro in modo non solo adeguato, ma anche efficiente.

Facciamo un esempio concreto: se i vostri clienti fossero ultranovantenni di Lugano, dove investireste: in pubblicità sui social, o piuttosto in cartelloni pubblicitari cartacei ben visibili e, possibilmente, posizionati in prossimità dei cantieri cittadini? Ecco.

Il concetto di Buyer Personas serve proprio a rendere questo procedimento più semplice e funzionale alla sua applicazione nelle strategie di marketing e, in generale, nelle strategie aziendali. In questo articolo approfondiremo insieme di cosa si tratta, e perché adottare una Buyer Persona può rendere più efficace la vostra comunicazione e migliorare l’immagine del vostro brand.

Che cos’è una Buyer Persona

Immaginate di poter studiare i vostri clienti scoprendo che la maggior parte di loro viene dal Ticino, molti visitano il vostro eCommerce dallo smartphone facendo ricerche durante la settimana, magari mettono anche i prodotti nel carrello, ma poi acquistano di sabato dal pc. Alcuni visitano più volte la stessa pagina prodotto, e poi comprano quando appare una promozione. Altri, invece, acquistano con frequenza lo stesso prodotto, e arrivano sul vostro sito cliccando sul link della Ads di Facebook.

Possiamo identificare due modelli: uno, più tradizionale, probabilmente studia il prodotto durante la settimana lavorativa, ma non si fida a fare acquisti da mobile, e prima di procedere all’acquisto ha bisogno di essere motivato con un piccolo sconto. L’altro è già fidelizzato ed è probabilmente un frequentatore assiduo della vostra pagina social.

Abbiamo, quindi, due Buyer Personas.

Detta in parole povere, la Buyer Persona è un cliente-tipo, un modello astratto che racchiude le caratteristiche del vostro target di clienti, o di un vostro target. Questa personalità viene letteralmente costruita, attribuendole tutta una serie di dati che sono stati elaborati proprio studiando il target tramite ricerche di mercato, analisi dei profili attuali, studi sulla concorrenza. Si utilizzano, ad esempio, informazioni come la provenienza geografica, le abitudini di acquisto, i modelli di azione, gli interessi, l’età ecc.

Come utilizzare le Buyer Personas nelle strategie di marketing…

Lo abbiamo già detto, sono modelli estremamente utili nella definizione di tutta la strategia aziendale. La loro adozione si è rivelata estremamente efficace, ad esempio, anche per lo sviluppo del prodotto. Tuttavia, il marketing è la loro sede elettiva, il campo in cui trovano maggiore applicazione.

Ad esempio, utilizzando questi modelli è possibile decidere come sollecitare i lead, che strategie adottare e quali contenuti creare per fidelizzare i clienti e attrarre nuovi visitatori sul sito, come aumentare le conversioni.

Un interessante studio di NetProspex, ad esempio, ha evidenziato come con l’adozione di Buyer Personas si siano ottenuti un ritorno dell’investimento del 171%, un aumento del 900% della durata media delle visite al sito, e un raddoppio del numero delle visualizzazioni.

Ma analizziamo l’applicazione delle Buyer Personas più approfonditamente:

  • Contenuti: in base alle ricerche, è possibile impostare dalle keywords al posizionamento dei contenuti esterni, così da rendere i messaggi più pertinenti, personalizzati e, in una parola, efficaci.
  • Segmentazione e personalizzazione: analizzando i buyer journey delle Personas è possibile impostare delle esperienze d’acquisto mirate, segmentando il target e creando per ogni segmento delle esperienze personalizzate, ad esempio offrendo promozioni ad hoc.
  • Individuazione dei lead di maggior valore: questo è un aspetto estremamente importante. La corretta identificazione di una Buyer Persona, infatti, permette non solo di creare contenuti più efficaci, ma anche e soprattutto di veicolarli nel modo giusto. Come? Posizionando i contenuti sui canali e sulle piattaforme che si sono rivelati più performanti, cioè personalizzando non solo il contenuto, ma anche il suo posizionamento;
  • Allineamento del cross marketing: è evidente che, adottando un unico modello di riferimento, i diversi team del marketing sono in grado di svolgere degli interventi organici. Gli effetti positivi consistono in una minore dispersione delle risorse, in favore di una loro focalizzazione su quelle decisioni che si sono rivelate più proficue, e in una maggiore soddisfazione della clientela.

… e non solo

Esaminiamo ora brevemente le altre applicazioni dei modelli Buyer Personas. Abbiamo parlato dello sviluppo del prodotto. Questo perché i Buyer Personas evidenziano i gusti e le necessità della clientela, e risultano quindi dei modelli davvero interessanti quando si tratta di elaborare i progetti di roadmap, mettendo ad esempio il focus su una modifica o implementando un aspetto che ha ottenuto un maggior gradimento di pubblico.

Inoltre, conoscere le abitudini del proprio target significa anche poter dare ai team che si occupano di assistenza clienti una formazione più mirata su quelle problematiche che si sono presentate con maggiore ricorrenza. In poche parole, essere in grado di far fronte immediatamente alle richieste, riuscendo così ad ottenere, anche sotto questo punto di vista, un più alto tasso di soddisfazione dei clienti.

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Lead Magnet: cosa sono e come usarli per attirare i contatti dei tuoi clienti

mercoledì, 14 Ottobre 2020 da studio24

Uno dei nodi focali di ogni attività di web marketing riguarda la creazione dell’audience, cioè di una platea di soggetti potenzialmente interessati ai prodotti o ai servizi offerti. Le campagne social, l’email marketing, la sezione blog, i pop up sul sito, sono tutte strategie finalizzate in tutto o in parte al raggiungimento di questo obiettivo.

Oggi parleremo di una di queste strategie: la lead generation, ossia la creazione di una catena di contatti. E di tutti gli strumenti utili per generare questa catena, a cominciare dai lead magnet, vere e proprie calamite per clienti.

Cosa sono i lead magnet (spoiler: non si attaccano al frigo)

Lead magnet è il termine tecnico che indica qualsiasi strumento finalizzato ad attirare l’attenzione degli utenti e convincerli a lasciare il loro contatti. Di solito si tratta di un elemento che attira l’attenzione tramite grafica, copy e immagini, unito a un elemento dal contenuto persuasivo. Un buon esempio sono i pop up con la promessa della spedizione gratuita per il primo ordine per chi si iscriverà al sito.

Lo scopo, ovviamente, è quello di aumentare il numero di utenti iscritti, e di conseguenza il numero di conversioni, cioè trasformare gli utenti in clienti mediante l’invio di proposte mirate. E chiaramente questo sarà tanto più facile quanto più la comunicazione con l’utente, a cominciare già dal lead magnet, sarà targhettizzata.

Creare un lead magnet efficace analizzando le abitudini degli utenti

Come spesso accade nel web marketing, l’analytics è fondamentale perché il lead magnet sia davvero efficace in termini di persuasività. Utile, quindi, un approfondimento sulle keyword che veicolano gli utenti sul sito per capire cosa cercano le persone, ma anche sfruttare la community sui social per intercettare gusti e tendenze. Il tutto tenendo sempre d’occhio la concorrenza.

Importante anche è non fossilizzarsi su un singolo strumento. Al contrario, a seconda delle esigenze possono anche essere utilizzati più lead magnet contemporaneamente, scegliendo tra prove gratuite, promozioni, ebook, webinar, white paper o moduli. Né è necessario utilizzare il lead magnet in un momento predefinito: alcuni sono più performanti all’inizio del funnel, altri più in prossimità del carrello.

Usare i trucchi del mestiere per attirare l’attenzione

Abbiamo visto cosa e quando offrire una ricompensa all’utente in cambio del suo contatto, ma come attirare la sua attenzione sull’offerta? Anche in questo caso, le opzioni sono molteplici. Grandi risultati si sono registrati con l’utilizzo dei banner pop up, che grazie a un formato poco invasivo, e a grafiche e copy accattivanti, riescono a veicolare il messaggio senza infastidire l’utente.

Ci sono poi le classiche squeeze page, ossia pagine dedicate appositamente all’acquisizione dei contatti. Una squeeze page ha il vantaggio di un maggiore spazio in cui inserire più immagini interessanti, ma soprattutto spiegare bene all’utente perché è un vantaggio lasciare il suo contatto email. La squeeze page inoltre può essere utilizzata in contemporanea con i pop up, o anche all’interno di essi (utili in questo senso gli exit pop up), a conferma della natura estremamente versatile di questa strategia.

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Speed to Lean: devi essere veloce!

mercoledì, 17 Giugno 2020 da studio24

​Hai mai sentito parlare di Speed to Lead?

Ripensando alla gestione dei contatti su Studio 24

Negli anni, ho valutato che è un aspetto importante che impatta sulla conversione finale.

Con ​”​Speed to Lead​”​ si intende ​il​ tempo che impieghi per trasformare un cliente da “incuriosito”, cioè vede un tuo annuncio FB o articolo LinkedIn e apre un primo canale con te (email, messaggio, ecc.), a “pronto a comprare”.​ ​Ovvero è consapevole della tua offerta, attività e ti da fiducia.

La sfida sta nel far ciò nel più breve tempo possibile.​

In uno studio di #Velocify, le aziende vedono un miglioramento di circa il 390% nel loro tasso di conversione se richiamano entro un minuto dalla richiesta.

Il tasso scende ​​in picchiata​ dopo “solo” due minuti: 160% e cala ​​col passare del tempo​.

Perchè questa risposta così proficua se ti attivi subito?

✔️ dai risposta immediata al bisogno del cliente in quell’istante (sarà super apprezzato come il ghiaccio su una botta calda)

✔️ dimostri interesse​,​ rispetto ​e ​professionalità​ ​​nei confronti dei tuoi potenziali clienti​​

☑️ Infine avrai molte più probabilità di parlare ed entrare in contatto con la persona con potere decisionale di acquisto piuttosto che un assistente se richiami dopo 3 giorni (e hanno pure scelto un tuo competitor!)

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Le nuove frontiere del marketing: la ricerca vocale

mercoledì, 06 Maggio 2020 da studio24

“Ehi Siri” “ehi Google”, ammettiamolo: abbiamo preso l’abitudine di parlare con i nostri assistenti vocali più volte al giorno. Una volta scoperto che sul nuovo smartphone non è necessario muovere un dito perché c’è qualcuno che lo fa per noi: la ricerca vocale. Ci siamo immediatamente convertiti a questa nuova tecnologia, cominciando anche a pensare seriamente di installare un sistema domotico in tutta la casa. E invidiando ferocemente chi l’ha già fatto.

Gli assistenti vocali hanno cambiato le abitudini degli utenti, si, ma anche quelle delle aziende, che si stanno repentinamente adattando alla ricerca vocale riconsiderando le proprie strategie SEO. E in questo articolo vedremo come ampliare una strategia di marketing includendo anche questo nuovo strumento.

Come funziona la ricerca vocale

La ricerca vocale funziona come un qualsiasi motore di ricerca, con l’unica differenza che per la query non si inseriscono delle parole scritte, ma si usa la voce. L’assistente vocale, dotato di intelligenza artificiale, riconosce ed elabora il linguaggio, procedendo così a ricercare quello che gli è stato chiesto.

Ma non solo: l’intelligenza artificiale, infatti, è in grado di memorizzare le ricerche, ed elaborare degli accurati report sulle preferenze e sulle abitudini dell’utente. Il tutto al fine di offrire agli utenti risultati sempre più accurati, riducendo al minimo le possibilità di errore. Il che però implica anche nuove regole per l’indicizzazione, che favoriranno quei siti web che più rapidamente saranno stati in grado di adattarsi alla duplice ricerca testuale e vocale.

Uno strumento in rapida ascesa

Come abbiamo detto, ci siamo facilmente abituati a usufruire delle comodità degli assistenti vocali, che secondo le stime sono dati in rapida ascesa. La ricerca vocale si è inoltre rivelata una tecnologia piuttosto trasversale, utilizzata sia dai millennial che da un’utenza più adulta.

Ad oggi le domande degli utenti riguardano principalmente prodotti e luoghi, in quest’ultimo caso sfruttando anche la geolocalizzazione. Le ragioni del successo di questo strumento stanno infatti non solo nella sua facilità d’uso, ma anche nella semplificazione di attività come la cercare locali o alberghi nelle vicinanze. Una funzione che da un lato valorizza l’utilità dello smartphone come strumento di semplificazione della vita quotidiana e, dall’altro, si rivela in linea con la tendenza degli utenti a utilizzare sempre più i dispositivi mobili per le loro ricerche.

Come sfruttare la ricerca vocale nelle strategie di marketing

Mettendo insieme i dati, ossia la crescente tendenza a fare ricerche da mobile, e quella a sfruttare la ricerca vocale, emerge in modo evidente come una buona strategia di marketing, oggi, non possa assolutamente permettersi il lusso di trascurare la ricerca vocale, perché il rischio è quello di perdere una buona fetta di clientela.

Materialmente questo significa integrare nuovi elementi nelle strategie SEO, considerando la differenza tra una query testuale e un vocale. Mentre la prima è stringata e molto focalizzata su una o più parole chiave, la seconda ha una forma colloquiale, molto diversa dalla prima e molto più simile al dialogo tra due persone, il che implica la necessità anzitutto di individuare nuove parole chiave, e ri-ottimizzare di conseguenza i contenuti così da rendere il sito facilmente raggiungibile con entrambe le modalità di ricerca.

 

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Digital strategy Ticino: un caso studio

giovedì, 16 Aprile 2020 da studio24

Gli ingredienti: un’idea, una azienda reattiva e che non si arrende al momento, una strategia semplice di marketing, un fatturato che supera le aspettative.

In questo periodo molti (anche noi) spingono le aziende a non arrendersi e trovare la via giusta per non farsi abbattere da questo periodo, come ad esempio sviluppare un ecommerce… ma in quanti lo state facendo davvero?

Abbiamo un caso studio in Ticino esemplare nella sua semplicità.

L’azienda è nostra cliente da tanto tempo, uno di quei clienti fidelizzati in cui la fiducia è massima e ti porta a collaborare e a pianificare strategie “ad occhi chiusi”, con massimo supporto da entrambi i fronti.

E’ una azienda di Lugano di produzione al dettaglio di prodotti e come tutte in questo periodo ha visto drasticamente calare il proprio lavoro.

Ma il direttore si è messo seduto e a mente fredda ha analizzato il momento e guardato i propri prodotti cercando una soluzione creativa che potesse trasformare uno di loro in un prodotto utile e richiesto ora dalla gente.

E così è stato, in poco tempo di progettazione ha riconvertito una linea di produzione per un nuovo prodotto.

Si ma noi cosa centriamo? Quando hai un prodotto, bisogna venderlo!

La nostra strategia si è concentrata su due semplici attori: una landing page e Facebook.

Abbiamo realizzato una semplice landing page con tutte le informazioni basilari del prodotto, i contatti e un form per l’acquisizione del lead. Senza fronzoli, diretta e pulita.

Su Facebook abbiamo creato i contenuti per la pagina aziendale presentando il nuovo prodotto e il processo creativo che lo ha portato a nascere, utilizzando dello storytelling.

Abbiamo poi spinto il tutto realizzando una campagna Facebook Ads sponsorizzata con un A/B test sulle creatività e sul copy della descrizione, portando l’utente sulla landing page.

Strategia basilare. Ma visto il momento abbiamo bisogno di andare dritto al sodo per soddisfare una problematica delle persone senza perderle per strada con troppi giri di parole o piattaforme.

Risultati ad ora (ma la campagna durerà ancora qualche settimana):

  • +50.000 impressions

  • +1.000 clic sulla landing page

  • cpc < 0,10 Chf

Ma la cosa più interessante è che con circa 100 Chf spesi finora hanno ordini (+80) per un valore totale di fatturato di circa 15.000 Chf!

E ancora più importante che l’azienda ha potuto reintegrare gran parte del personale per gestire gli ordini, produzione, contabilità, customer care, consegne e installazioni… una buona mano in questo periodo per farcela!

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3 semplici consigli per migliorare la tua attività, anche se ora è ferma.

lunedì, 06 Aprile 2020 da studio24
presenza web

Scopri cosa consigliamo in questi giorni per migliorare la presenza web a chi ci domanda supporto in questo periodo di chiusura delle attività.

 1. Ottimizza la tua presenza web

Migliora la tua comunicazione online, allinea tutto quanto e dai una spinta creativa in più che colpisca. Social media e sito web sono le tue armi di vendita online, devono portare la tua presenza web al top.

2. Adatta la tua offerta

I gusti e le scelte dei consumatori variano spesso a secondo di stagionalità, periodo storico, mode, ecc.: studiale e applicale al tuo target. Non stare fermo (e convinto) sui tuoi prodotti, ma cerca di capire cosa vogliono i tuoi clienti e anticipa le loro scelte. Vendi bulloni o pezzi meccanici? Bene, anche il tuo cliente avrà sicuramente un’esigenza che un tuo pezzo, se modificato, può soddisfare… senza che vada in cerca di altri fornitori 😉

3. Stai vicino ai tuoi clienti

Segui quelli già acquisiti, fagli sentire che sai che ci sono e tieni a loro, fidelizzali e accompagnali in questo periodo dando loro contenuti interessanti o nuove prospettive di acquisto nell’immediato futuro sui tuoi prodotti. Fagli sentire che il tuo business è vivo.

Tu, cosa stai facendo ATTIVAMENTE ora?

Se hai un’attività che vorresti promuovere, ma non sai come fare, inviaci un messaggio e siamo a disposizione per una analisi gratuita della tua situazione.

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